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lunedì 26 febbraio 2018

lucivici-parliamo: sensibilità

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lucivici-parliamo: eos

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martedì 5 luglio 2011

le elementari



Silvana Bonamigo e io


Guardando un giornalino della Rocca ho visto un articolo su "e priton" scritto da Angelina Urbini.


Angelina è stata una mia compagna di scuola, dalla prima elementare fino alla quinta. Le ho sempre voluto molto bene, mia mamma mi raccontava che doveva alzarsi presto per venire a scuola e doveva fare molta strada, veniva dai Piani. Ricordo i suoi scarponcini, robusti da montagna con i calzettoni fatti a mano con la lana di pecora, era importante tenere i piedini al caldo. I capelli ricci biondo scuro, gli occhi furbi vivaci, intelligenti. Non ricordo facesse assenze quindi significava che con ogni condizione di tempo si alzava e veniva a scuola. Non sapevo neppure che le mancasse il padre e mi dispiace molto.
Nella mia classe c' erano tante altre bambine. Molte di loro stavano dalle suore Doroteee. Ricordo Muccioli Margherita piccolina minuta con i capelli dritti e il fiocco bianco in mezzo alla testa. Era una bimba triste, solitaria forse aveva bisogno della sua mamma e si sentiva sola. C' era anche Pianosi Franca, rcicciottina e sempre sorridente vedo ancora il suo visetto rotondo e la bocca aperta in un sorriso continuo. anche lei con il fiocco sulla testa. Ricordo una certa Giovanna, di Perticara, ma non ricordo il cognome! E' stata a scuola con me fino alla seconda elementare. Ho condiviso il banco anche con l' Angelina Angelini. Stava dalle suore ma era del paese. Nell' adolescenza è stata colpita dalla meningite ed è rimasta parzialmente sorda e cieca. Quando doveva nascere la mia bambina mi confezionò tante scarpette di lana su ordine di mia mamma, ne ho ancora qualcuna. Anche la Grazia Peruzzi ha condiviso il banco, e lei non c' è più!
In classe c' era anche l' Albarosa Cinarelli, Rina Mariani, Guerrina Capelli, Paci Anna, Rosella Zanotti.
Ricordo però una cara amica: Silvana Bonamigo. Veniva dal Veneto, e con le sorelle stava dalle suore. I capelli e gli occhi neri. Non aveva più la sua mamma e per questo provavo tanta tenerezza per lei. A scuola era bravissima. La maestra si diede molto da fare con il comune, la cassa di risparmio, per farle avere il modo di continuare gli studi, ma le suore non vollero. Così mi disse lei che, dopo tanti anni, ci siamo riviste con un affetto immutato nel tempo.
Carissime "compagne di scuola"! Sono passati tanti anni, e di molte non ho saputo più nulla! Vorrei tanto rivedervi, ormai siamo grandi, abbiamo dei nipotini e siamo già in pensione! Vi ho sempre ricordato e da questo giornale vi abbraccio con affetto!
Abbiamo iniziato il cammino della vita assieme..............

venerdì 22 aprile 2011

la Signora

Tempo fa ho conosciuto una Signora proveniente dall' Argentina. 
Medico, con una cattedra all' università di Buenos Aires, era venuta in Italia per sostituire un medico che stava male.
Grande la sorpresa nell' apprendere che la laurea, presa in Argentina, qua non valeva nulla!!!!!
All' epoca, più di vent' anni fa, riuscì a fare altri lavori gratificanti tanto da restare nel nostro paese.


La signora però non amava l' Italia, tanto meno gli italiani che considerava inferiori culturalmente e anche geneticamente.


Il disprezzo  lo faceva sentire anche senza parlare. Le chiesi perchè di tanto veleno verso gli italiani  ed ella mi raccontò  degli emigrati in Argentina che erano straccioni e  non volevano parlare lo spagnolo. Diceva che sarebbe stato meglio non avessero mai passato l' oceano. Sugli Italiani dei nostri giorni invece non sopportava, a suo dire, la mancanza di cultura, l' allegria, e il benessere ormai profuso.
Secondo la signora il nostro stare bene era immeritato per il solo fatto di essere Italiani.


Quando ho avuto "l' onore" di conoscerla, povera donna, era in miseria non aveva più niente ed era ultrasettantenne.
Mi faceva male vedere la sua povertà ma non sono stata in grado di fare nulla per lei, neppure di darle un pò di amicizia, non so perchè.


Era arrivata nel nostro paese con l' altezzosità della sua sapienza, il disprezzo per chi povero va in cerca di fortuna, il rancore per un popolo che col lavoro e l' intelligenza era diventato ricco.


Ha esternato rabbia, rancore, forse anche odio, cosa ha avuto in cambio?  Era diventata povera!

lunedì 28 febbraio 2011

sensibilità

ho già parlato del dolore provato quando alla mia bimba era stata diagnosticata una cosa terribile, ma ora devo dire quanto di bello mi è accaduto dopo la sua nascita.


appena nata, prematura, sottopeso, asfittica, la mia creatura era stata portata all' ospedalino pediatrico di rimini.


non avevo avuto il tempo di vederla appena un bacino e via di corsa per salvarle la vita.
quindi non la conoscevo e non sapevo come fosse.


dopo alcuni giorni, andai in tale struttura per poterla allattare. 
arrivata in reparto vidi la stanza delle incubatrici con tanti bambini in "scatolati", piccoli, e acerbi. 
davanti a quella vetrina c' era una mamma che stava li a guardare la figlioletta.
mi chiese chi ero e il nome della mia creatura. risposi e lei mi indicò una piccola bambina scuretta di capelli.
lancio uno sguardo panoramico alla sala e vedo in una di quelle scatole una meravigliosa bambolina con un fiocchetto azzurro nei pochi capelli che aveva. dissi subito: "mi piace quella". mia mamma preoccupata commentò che anche mia figlia era carina. non ero convinta perchè sentivo che la mamma di quella bambola doveva essere una mamma felice!!!!! la signora insisteva che mia figlia era la mora e mia mamma tentava di convincermi che quella dovevo tenere.


arrivò l' infermiera e ovviamente mi chiese di fare conoscenza con la mia nuova bambina e guarda che fa? porta accanto alla vetrata la bambolina che era la più bella fra tutti gli ospiti del reparto immaturi. 
subito ho sentito la felicità che trasmetteva e ancora oggi sono felice di lei.


ribadisco che non sapevo niente sull' aspetto della bambina ma la sensibilità di una mamma mi ha portato a capire chi mi apparteneva

sabato 19 febbraio 2011

E' meglio non piangere

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Avevo 23 anni quando è nata la mia secondogenita Francesca. E' nata a Rimini prematura e sotto peso. Al momento della nascita ha avuto una grossa sofferenza cerebrale non ha pianto ed era in asfissia pallida, pertanto è stata portata subito nell' ospedale pediatrico Aiuto Materno di quella città. Alcuni giorni dopo la seguivo per darle il latte e starle vicino. 
Era una bambina bellissima, un miniatura, lineamenti perfetti e i pochi capelli erano d' oro come il grano che maturava nei campi: era la fine di giugno.
Orgogliosa delle mie due figlie, la prima Elena, già di tre anni, cresceva bene, era bella, gli occhi verdi tanto dolci, poi Francesca, dicevo a me stessa che brava sono stata o due meravigliose creature!


Dietro l' angolo però mi stava arrivando una tegola fra capo e collo come si usa dire. Infatti i medici dell' ospedale pediatrico mi comunicarono che la mia bambina aveva delle lesioni cerebrali e il suo futuro sarebbe stato nelle mani di Dio! E' inutile descrivere il dolore che mi assaliva. Ho supplicato i medici di darmi almeno un piccolo barlume di speranza ma imperterriti hanno sottolineato la diagnosi con crudezza o almeno a me così sembrava. Certo che i presupposti c' erano per tale responso. La sofferenza neonatale potava davvero portar a conclusioni simili ma non potevo accettare una cosa  così per la mia bambina.


Non ho pianto molto anzi poco. La guardavo così piccola e indifesa con una tale condanna!!!!
Non dissi nulla a nessuno nemmeno ai miei familiari. Intanto pensavo cosa fare!


Ripeto non ho pianto, non ho pregato, e ho tenuto tutto per me.
A Dio però mi sono rivolta diverse volte e Gli dicevo: "Signore lei è piccola innocente aiutala, la metto nelle tue mani misericordiose!" Poi ho pensato: "non devo considerare che mia figlia sia ammalata, lo tengo presente ma devo considerarla sana e nessuno deve sapere nulla" e  rimboccandomi la maniche ho cominciato a mettere in un angolo il mio dolore e ad agire come se nulla fosse. 
Tornata a casa ovviamente dovetti parlarne con il pediatra che rimase davvero di stucco. Iniziammo così a collaborare lui mi diceva come seguire lo sviluppo mentale della bambina, come stimolarla, come fare attenzione ad ogni piccolo successo. Ricordo quando per la prima volta  ha afferrato un sonaglietto, non credevo ai miei occhi; ho provato, riprovato e ancora provato, capiva ed afferrava il giocattolo. Che felicità! telefonai subito al medico per condividere la gioia e ringraziarlo dell' aiuto che mi aveva dato.
 Naturalmente ancora c' erano tante cose che si dovevo verificare ma con pazienza volontà le ho insegnato a stare seduta, ad appoggiare bene i piedini, a giocare. Poi finalmente tutto andò a posto la bambina era sana anche se per pigrizia non voleva parlare.


Ho ringraziato  il Signore che mi ha aiutata, e ancora lo ringrazio.


Ha volte però penso cosa sarebbe successo se mi fossi abbandonata ai pianti e a farmi compatire raccontando a tutti la mia sventura! Mi sarei arresa al dolore e alla fatalità. 


La mia creatura sarebbe sicuramente stata bene, forse si erano sbagliati i dottori di Rimini, ma se avessi ceduto al dolore non le sarei stata accanto con le mie cure, o almeno sarei stata frustrata senza reazione costruttiva e intorno a me ci sarebbe stato un alone di malinconia che avrebbe fatto male ad entrambe le mie bambine. Sarei stata una mamma debole sottomessa. Invece, pur avendo il cuore a pezzi, ho portato serenità e ho cresciuto bene la mia piccola prole.


Questo è un mio racconto personale per dire che abbandonarsi alla disperazione ci aggiunge disperazione, raccontare i nostri problemi agli altri non li risolve. Se invece alle sconfitte o ai guai cerchiamo la soluzione essa ci appare e ci fa percorrere la strada giusta.