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lunedì 28 febbraio 2011

sensibilità

ho già parlato del dolore provato quando alla mia bimba era stata diagnosticata una cosa terribile, ma ora devo dire quanto di bello mi è accaduto dopo la sua nascita.


appena nata, prematura, sottopeso, asfittica, la mia creatura era stata portata all' ospedalino pediatrico di rimini.


non avevo avuto il tempo di vederla appena un bacino e via di corsa per salvarle la vita.
quindi non la conoscevo e non sapevo come fosse.


dopo alcuni giorni, andai in tale struttura per poterla allattare. 
arrivata in reparto vidi la stanza delle incubatrici con tanti bambini in "scatolati", piccoli, e acerbi. 
davanti a quella vetrina c' era una mamma che stava li a guardare la figlioletta.
mi chiese chi ero e il nome della mia creatura. risposi e lei mi indicò una piccola bambina scuretta di capelli.
lancio uno sguardo panoramico alla sala e vedo in una di quelle scatole una meravigliosa bambolina con un fiocchetto azzurro nei pochi capelli che aveva. dissi subito: "mi piace quella". mia mamma preoccupata commentò che anche mia figlia era carina. non ero convinta perchè sentivo che la mamma di quella bambola doveva essere una mamma felice!!!!! la signora insisteva che mia figlia era la mora e mia mamma tentava di convincermi che quella dovevo tenere.


arrivò l' infermiera e ovviamente mi chiese di fare conoscenza con la mia nuova bambina e guarda che fa? porta accanto alla vetrata la bambolina che era la più bella fra tutti gli ospiti del reparto immaturi. 
subito ho sentito la felicità che trasmetteva e ancora oggi sono felice di lei.


ribadisco che non sapevo niente sull' aspetto della bambina ma la sensibilità di una mamma mi ha portato a capire chi mi apparteneva

sabato 19 febbraio 2011

E' meglio non piangere

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Avevo 23 anni quando è nata la mia secondogenita Francesca. E' nata a Rimini prematura e sotto peso. Al momento della nascita ha avuto una grossa sofferenza cerebrale non ha pianto ed era in asfissia pallida, pertanto è stata portata subito nell' ospedale pediatrico Aiuto Materno di quella città. Alcuni giorni dopo la seguivo per darle il latte e starle vicino. 
Era una bambina bellissima, un miniatura, lineamenti perfetti e i pochi capelli erano d' oro come il grano che maturava nei campi: era la fine di giugno.
Orgogliosa delle mie due figlie, la prima Elena, già di tre anni, cresceva bene, era bella, gli occhi verdi tanto dolci, poi Francesca, dicevo a me stessa che brava sono stata o due meravigliose creature!


Dietro l' angolo però mi stava arrivando una tegola fra capo e collo come si usa dire. Infatti i medici dell' ospedale pediatrico mi comunicarono che la mia bambina aveva delle lesioni cerebrali e il suo futuro sarebbe stato nelle mani di Dio! E' inutile descrivere il dolore che mi assaliva. Ho supplicato i medici di darmi almeno un piccolo barlume di speranza ma imperterriti hanno sottolineato la diagnosi con crudezza o almeno a me così sembrava. Certo che i presupposti c' erano per tale responso. La sofferenza neonatale potava davvero portar a conclusioni simili ma non potevo accettare una cosa  così per la mia bambina.


Non ho pianto molto anzi poco. La guardavo così piccola e indifesa con una tale condanna!!!!
Non dissi nulla a nessuno nemmeno ai miei familiari. Intanto pensavo cosa fare!


Ripeto non ho pianto, non ho pregato, e ho tenuto tutto per me.
A Dio però mi sono rivolta diverse volte e Gli dicevo: "Signore lei è piccola innocente aiutala, la metto nelle tue mani misericordiose!" Poi ho pensato: "non devo considerare che mia figlia sia ammalata, lo tengo presente ma devo considerarla sana e nessuno deve sapere nulla" e  rimboccandomi la maniche ho cominciato a mettere in un angolo il mio dolore e ad agire come se nulla fosse. 
Tornata a casa ovviamente dovetti parlarne con il pediatra che rimase davvero di stucco. Iniziammo così a collaborare lui mi diceva come seguire lo sviluppo mentale della bambina, come stimolarla, come fare attenzione ad ogni piccolo successo. Ricordo quando per la prima volta  ha afferrato un sonaglietto, non credevo ai miei occhi; ho provato, riprovato e ancora provato, capiva ed afferrava il giocattolo. Che felicità! telefonai subito al medico per condividere la gioia e ringraziarlo dell' aiuto che mi aveva dato.
 Naturalmente ancora c' erano tante cose che si dovevo verificare ma con pazienza volontà le ho insegnato a stare seduta, ad appoggiare bene i piedini, a giocare. Poi finalmente tutto andò a posto la bambina era sana anche se per pigrizia non voleva parlare.


Ho ringraziato  il Signore che mi ha aiutata, e ancora lo ringrazio.


Ha volte però penso cosa sarebbe successo se mi fossi abbandonata ai pianti e a farmi compatire raccontando a tutti la mia sventura! Mi sarei arresa al dolore e alla fatalità. 


La mia creatura sarebbe sicuramente stata bene, forse si erano sbagliati i dottori di Rimini, ma se avessi ceduto al dolore non le sarei stata accanto con le mie cure, o almeno sarei stata frustrata senza reazione costruttiva e intorno a me ci sarebbe stato un alone di malinconia che avrebbe fatto male ad entrambe le mie bambine. Sarei stata una mamma debole sottomessa. Invece, pur avendo il cuore a pezzi, ho portato serenità e ho cresciuto bene la mia piccola prole.


Questo è un mio racconto personale per dire che abbandonarsi alla disperazione ci aggiunge disperazione, raccontare i nostri problemi agli altri non li risolve. Se invece alle sconfitte o ai guai cerchiamo la soluzione essa ci appare e ci fa percorrere la strada giusta.